La smistalettere

Il vostro mondo in un mondo di lettere

“Cara, o forse no!”

Cari lettori e cari scribacchini,
come state? Eccoci di nuovo qui, al nostro appuntamento con le parole.
Sempre in ritardo, sempre di corsa, sempre esauriti, ma ancora vivi o quasi.
Oggi è tornato il nostro amico con un’altra bellissima lettera. In realtà sono giorni che l’ho ricevuta, ma soltanto ora sono riuscita a pubblicarla per voi.
Siete pronti?

Cara,
ho fatto fatica a scrivere questo incipit, come se una parte di me ora avesse timore nell’usare alcune parole, quelle nostre che non conoscono più cittadinanza in questi giorni che mi conducono in un altro continente, quelle che erano il preludio di un viaggio o la melodia fuori stagione del ritorno delle foglie stanche per terra, dove diventano il principio della nuova vita, proprio come noi, se ci penso. Ho fatto fatica a ritornare nel mio paese, sì lo so, era un viaggio come tanti altri, ma non per questo privo di imprevisti, ho attraversato la pioggia quando credevo di essere ormai al riparo, ho evitato di levare gli occhi al cielo, come se fosse sempre sera nuvolosa, senza stelle che potessero attirare la mia curiosità, ho perfino chiuso la tendina del mio studio, per timore che una luce improvvisa avesse potuto risvegliare quella parte che avevo chiuso in qualche scatolone. Mi è capitato anche, ma credo che succeda un po’ a tutti, di ritrovare qualche vecchia lettera, ma ho scelto di non leggerle per paura di cadere nella tentazione di cercarti e di essere trattato come un passeggero in un bus affollato a sera. Ho fatto fatica a pensare a te così lontana, una distanza non chilometrica, ma umana, di quelle che sperimentiamo quando muore una persona cara, alle quali, a pensarci, le distanze volontarie sono il preludio, un modo per saggiare la tenuta del proprio io? Non farci caso a queste mie masturbazioni cerebrali, valgono quanto il tempo che hai impiegato per capire che quel taccuino non ti piaceva più, e a comprarne uno nuovo, magari senza impressioni, che sono quelle che ci fregano. Che fine fanno i rapporti morti, si rigenerano? Sono come quelle foglie che, cadendo in una terra di torba e sabbia, si moltiplicano e generano nuova vita? Ma la foglia che non riceve più linfa vitale dal fusto, come trova il modo per non abbandonare quell’aria di morte? Dicevo, ho faticato nelle curve insidiose che mi hanno condotto a casa, nel silenzio della mia solitudine, che era opprimente, ma che agognavo quando mi ritrovavo tra la gente, che camminava troppo veloce, parlando senza voltarsi, senza comprendere che non c’ero, che ero altrove, momentaneamente lontano. Ho camminato con calma, dettando quei tempi, che la mia anima richiedeva, cambiando le abitudini, scomponendo quel mosaico che era la nostra storia, gettando le scorie nell’indifferenziata, perché, l’ho capito ritornando a godermi un tramonto, non erano buone per generare vita, non potevano finire nella compostiera della mia vita, perché era un ambiente insalubre perfino per i lombrichi. Ti piace la metafora? Ne ho cercate di migliori, credimi, forse perché speravo di ritornare a guardare le cose dall’esterno, da quel porto sicuro della distanza emotiva, ma i fumi velenosi delle tue parole, proprio quando la marea riempiva i timpani, si espandevano ovunque, in ogni dove, senza essere humus, materia organica utile alla mia esistenza. Sono tornato a osservare il tramonto, è successo mentre ero alla ricerca degli ossi di seppia in una spiaggia che aveva i colori più belli di sempre, e un albero diventava rosso, a richiamare i riflessi di quella palla infuocata che scompariva tra le vegetazione sempreverde, e le onde deboli rendevano sassi e conchiglie, e un odore denso di iodio. Mi sono riconciliato con la natura, quel tramonto mi ha restituito i giorni, le mia parole, quelle emozioni che avevo sotterrato in qualche luogo scuro, senza ossigeno. Quelle onde hanno reidratato la mia anima, l’hanno accarezzata lenta e non importava più che tu ci fossi, non contava più quello che avevo alle spalle, perché, in un modo, che mi risulta difficile spiegare, era germogliata nuova vita in me. Faccio ancora fatica a stringere una mano, a pronunciare alcune parole, a scrivere d’amore, ma ho riscoperto la bellezza di un cielo stellato, quando le nubi sono sciolte, e le luci della città silenziose. A proposito, abbiamo mai osservato il cielo stellato assieme?

Per sempre mio.

Donald.

cielo, stellato, blu, stelle, notte

 

Ve l’avevo detto è una bellissima lettera, non trovate? Ha quel velo di malinconia che trasmette tanta sofferenza è vero, ma io ci ho letto speranza. E poi mi piace tanto il suo stile, il modo che ha di raccontare, quello che racchiude nelle parole e nelle metafore, le immagini che raffigura nei suoi testi. Voi che ne pensate? Questa lettera sa di amore e di vita, quella con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno. Stanne certo arriveranno nuovi occhi con cui guardare il cielo stellato.

Amate e soprattutto amatevi cari sognatori.
Sempre con il naso all’insù e il cuore aperto.

Vi auguro una buona giornata e vi abbraccio forte.

La Smistalettere ©

(Foto modificata presa da Pixabay)

2 commenti su ““Cara, o forse no!”

    • La Smistalettere
      5 aprile 2016

      Grazie cara! Purtroppo il tempo è tiranno e non ne ho più. Non avevo neanche visto il commento 😦 Grazie ancora!! :*

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Questa voce è stata pubblicata il 16 febbraio 2016 da in Amore con tag , , , , , , , , , , , , , .

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